I familiari della vittima, rappresentati dall’avvocato Stefano Maccioni, avevano insistito per la prosecuzione dell’attività investigativa, esprimendo rilievi critici nei confronti del consulente del Pm. Avrebbero voluto l’escussione di alcune persone e il sequestro dell’apparecchio con il quale era stato praticato l’elettrocardiogramma, ma il gip Loredana Camerlengo è stato di diverso avviso. E, in linea con quanto proposto dal sostituto procuratore Francesca Saccone e dall’avvocato Antonio Di Santo, difensore dell’indagato, ha archiviato l’inchiesta a carico del dottore Antonio Crocco chiamato in causa per la morte, avvenuta il 2 marzo del 2017, di Domenico Cassella, 32 anni, uno chef di Cusano Mutri molto noto.
Secondo una prima ricostruzione, il 32enne avrebbe accusato un dolore ad un braccio che lo avrebbe spinto a chiedere una visita al sanitario, che conosceva. Il professionista gli avrebbe praticato un elettrocardiogramma, risultato negativo, e, poi, dopo avergli somministrato della cardioaspirina, gli avrebbe consigliato di raggiungere un ospedale per sottoporsi ad alcuni esami del sangue: una circostanza, quest’ultima, esclusa dai congiunti del cuoco.
Una volta tornato al ristorante, Domenico Cassella era stato colpito da un malore che non gli aveva dato scampo. Inutile qualsiasi tentativo di rianimarlo. L’autopsia era stata affidata alla dottoressa Natascha Pascale, di Foggia, che aveva concluso per una morte dovuta ad uno scompenso cardiaco acuto in una persona già affetta da alcune patologie, e “causalmente svincolata dalle condotte del sanitario che lo ebbe in cura”.
Nel motivare l’archiviazione, il giudice Camerlengo scrive che “le conclusioni rassegnate dal CT della pubblica accusa – che appaiono nella parte descrittiva aderenti alle risultanze documentali ed in quella valutativa sorrette da argomentazioni logiche- non risultano superate dalle argomentazioni di parte privata. Il CT all’esito dell’esame autoptico, tenuto conto della gravità delle condizioni di salute del de cuius, ha affermato che ‘nessuna azione differente, né terapie diverse e/o più rapide avrebbero potuto mai scongiurare in alcun modo gli eventi tristemente verificatisi’, evento che dunque si sarebbe potuto verificare in qualunque momento”. Un “assunto che impedisce di formulare un giudizio di responsabilità penale a carico dell’indagato che nulla avrebbe potuto fare per evitare la morte del Cassella, mentre a nulla potrebbe condurre lo svolgimento di un eventuale dibattimento, attese le evidenze processuali in atti”.
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