REFERENDUM GIUSTIZIA 2022
02 Giugno 2022
Il 12 giugno 2022 non sarà solo il giorno delle elezioni amministrative che interesseranno circa mille comuni: è anche il giorno in cui si voteranno i cinque referendum sulla giustizia proposti da Lega e Radicali italiani. Si tratta di referendum abrogativi: è quindi necessario votare SI se si è contrari alla norma di cui si chiede l’abrogazione, mentre chi è favorevole al mantenimento della norma vigente dovrà votare NO. Perché il risultato della consultazione sia valido dovrà votare la maggioranza + 1 degli elettori italiani. Vediamo nel dettaglio quali sono i quesiti sui quali siamo chiamati a esprimerci.
Referendum n. 1 – Scheda di colore rosso
Il quesito recita: “Volete voi che sia abrogato il Decreto Legislativo 31 dicembre 2012, n. 235 (Testo unico delle disposizioni in materia di incandidabilità e di divieto di ricoprire cariche elettive e di Governo conseguenti a sentenze definitive di condanna per delitti non colposi, a norma dell’articolo 1, comma 63, della legge 6 novembre 2012, n. 190)?”.
Il decreto di cui si propone l’abrogazione è la cosiddetta “Legge Severino” (dal nome dell’allora ministro della Giustizia Paola Severino), che prevede sia incandidabile chi ha commesso reati per cui è previsto il carcere e sia stato condannato in via definitiva:
- a più di due anni per delitti di allarme sociale;
- a più di due anni per delitti contro le pubbliche amministrazioni (come peculato, concussione, corruzione);
- a più di due anni per i delitti non colposi per i quali sia prevista la reclusione non inferiore a quattro anni.
In pratica la norma prevede che, se un politico viene condannato in via definitiva per uno di questi reati mentre ricopre una carica, decade dal mandato. Questo vale per tutti i candidati, dalle comunali al Parlamento.
Referendum n. 2 – Scheda di colore arancione
Il quesito recita: “Volete voi che sia abrogato il Decreto del Presidente della Repubblica 22 settembre 1988, n. 447 (Approvazione del codice di procedura penale), risultante dalle modificazioni e integrazioni successivamente apportate, limitatamente alla seguente parte: articolo 274, comma 1, lettera c), limitatamente alle parole: “o della stessa specie di quello per cui si procede. Se il pericolo riguarda la commissione di delitti della stessa specie di quello per cui si procede, le misure di custodia cautelare sono disposte soltanto se trattasi di delitti per i quali è prevista la pena della reclusione non inferiore nel massimo a quattro anni ovvero, in caso di custodia cautelare in carcere, di delitti per i quali è prevista la pena della reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni nonché per il delitto di finanziamento illecito dei partiti di cui all’articolo 7 della legge 2 maggio 1974, n. 195 e successive modificazioni”?”.
Il quesito intende limitare le misure cautelari, ovvero quelle limitazioni della libertà personale che, in fase di indagine, il pubblico ministero (PM) può chiedere al giudice per le indagini preliminari (GIP) di applicare a un indagato, e che il GIP può approvare o respingere. Le misure cautelari agiscono sulla persona (per esempio custodia in carcere, arresti domiciliari…) o sui beni dell’indagato (sequestro di somme di denaro, conti correnti, altri beni di proprietà). Si applicano quando esista rischio di reiterazione del reato, quando c’è pericolo di fuga dell’indagato o quando la sua liberazione possa causare un inquinamento delle prove a suo carico.
Come è noto la libertà personale è inviolabile per la nostra costituzione salvo atto motivato del Giudice e nei casi e nei modiprevisti dalla legge.Votando Sì si consentirebbe l’applicazione della misura cautelare solo nei casi più gravi e tipicamente individuati quali l’inquinamento probatorio, il pericolo di fuga o quelli di gravi delitti di criminalità organizzata o con uso di armi o altri mezzi di violenza persionale.
Referendum n. 3 – Scheda di colore giallo
Il quesito recita: “Volete voi che siano abrogati: l’ “Ordinamento giudiziario” approvato con Regio Decreto 30 gennaio 1941, n. 12, risultante dalle modificazioni e integrazioni ad esso successivamente apportate, limitatamente alla seguente parte: art. 192, comma 6, limitatamente alle parole: “, salvo che per tale passaggio esista il parere favorevole del consiglio superiore della magistratura”; la Legge 4 gennaio 1963, n. 1 (Disposizioni per l’aumento degli organici della Magistratura e per le promozioni), nel testo risultante dalle modificazioni e integrazioni ad essa successivamente apportate, limitatamente alla seguente parte: art. 18, comma 3: “La Commissione di scrutinio dichiara, per ciascun magistrato scrutinato, se è idoneo a funzioni direttive, se è idoneo alle funzioni giudicanti o alle requirenti o ad entrambe, ovvero alle une a preferenza delle altre”; il Decreto Legislativo 30 gennaio 2006, n. 26 (Istituzione della Scuola superiore della magistratura, nonché disposizioni in tema di tirocinio e formazione degli uditori giudiziari, aggiornamento professionale e formazione dei magistrati, a norma dell’articolo 1, comma 1, lettera b), della legge 25 luglio 2005, n. 150), nel testo risultante dalle modificazioni e integrazioni ad esso successivamente apportate, limitatamente alla seguente parte: art. 23, comma 1, limitatamente alle parole: “nonché’ per il passaggio dalla funzione giudicante a quella requirente e viceversa”; il Decreto Legislativo 5 aprile 2006, n. 160 (Nuova disciplina dell’accesso in magistratura, nonché’ in materia di progressione economica e di funzioni dei magistrati, a norma dell’articolo 1, comma 1, lettera a), della legge 25 luglio 2005, n. 150), nel testo risultante dalle modificazioni e integrazioni ad esso successivamente apportate, limitatamente alle seguenti parti: art. 11, comma 2, limitatamente alle parole: “riferita a periodi in cui il magistrato ha svolto funzioni giudicanti o requirenti”; art. 13, riguardo alla rubrica del medesimo, limitatamente alle parole: “e passaggio dalle funzioni giudicanti a quelle requirenti e viceversa”; art. 13, comma 1, limitatamente alle parole: “il passaggio dalle funzioni giudicanti a quelle requirenti,”; art. 13, comma 3: “3. Il passaggio da funzioni giudicanti a funzioni requirenti, e viceversa, non è consentito all’interno dello stesso distretto, né all’interno di altri distretti della stessa regione, ne’ con riferimento al capoluogo del distretto di corte di appello determinato ai sensi dell’articolo 11 del codice di procedura penale in relazione al distretto nel quale il magistrato presta servizio all’atto del mutamento di funzioni. Il passaggio di cui al presente comma può essere richiesto dall’interessato, per non più di quattro volte nell’arco dell’intera carriera, dopo aver svolto almeno cinque anni di servizio continuativo nella funzione esercitata ed è disposto a seguito di procedura concorsuale, previa partecipazione ad un corso di qualificazione professionale, e subordinatamente ad un giudizio di idoneità allo svolgimento delle diverse funzioni, espresso dal Consiglio superiore della magistratura previo parere del consiglio giudiziario. Per tale giudizio di idoneità il consiglio giudiziario deve acquisire le osservazioni del presidente della corte di appello o del procuratore generale presso la medesima corte a seconda che il magistrato eserciti funzioni giudicanti o requirenti. Il presidente della corte di appello o il procuratore generale presso la stessa corte, oltre agli elementi forniti dal capo dell’ufficio, possono acquisire anche le osservazioni del presidente del consiglio dell’ordine degli avvocati e devono indicare gli elementi di fatto sulla base dei quali hanno espresso la valutazione di idoneità. Per il passaggio dalle funzioni giudicanti di legittimità alle funzioni requirenti di legittimità, e viceversa, le disposizioni del secondo e terzo periodo si applicano sostituendo al consiglio giudiziario il Consiglio direttivo della Corte di cassazione, nonché’ sostituendo al presidente della corte d’appello e al procuratore generale presso la medesima, rispettivamente, il primo presidente della Corte di cassazione e il procuratore generale presso la medesima.”; art. 13, comma 4: “4. Ferme restando tutte le procedure previste dal comma 3, il solo divieto di passaggio da funzioni giudicanti a funzioni requirenti, e viceversa, all’interno dello stesso distretto, all’interno di altri distretti della stessa regione e con riferimento al capoluogo del distretto di corte d’appello determinato ai sensi dell’articolo 11 del codice di procedura penale in relazione al distretto nel quale il magistrato presta servizio all’atto del mutamento di funzioni, non si applica nel caso in cui il magistrato che chiede il passaggio a funzioni requirenti abbia svolto negli ultimi cinque anni funzioni esclusivamente civili o del lavoro ovvero nel caso in cui il magistrato chieda il passaggio da funzioni requirenti a funzioni giudicanti civili o del lavoro in un ufficio giudiziario diviso in sezioni, ove vi siano posti vacanti, in una sezione che tratti esclusivamente affari civili o del lavoro. Nel primo caso il magistrato non può essere destinato, neppure in qualità di sostituto, a funzioni di natura civile o miste prima del successivo trasferimento o mutamento di funzioni. Nel secondo caso il magistrato non può essere destinato, neppure in qualità di sostituto, a funzioni di natura penale o miste prima del successivo trasferimento o mutamento di funzioni. In tutti i predetti casi il tramutamento di funzioni può realizzarsi soltanto in un diverso circondario ed in una diversa provincia rispetto a quelli di provenienza. Il tramutamento di secondo grado può avvenire soltanto in un diverso distretto rispetto a quello di provenienza. La destinazione alle funzioni giudicanti civili o del lavoro del magistrato che abbia esercitato funzioni requirenti deve essere espressamente indicata nella vacanza pubblicata dal Consiglio superiore della magistratura e nel relativo provvedimento di trasferimento.”; art. 13, comma 5: “5. Per il passaggio da funzioni giudicanti a funzioni requirenti, e viceversa, l’anzianità di servizio è valutata unitamente alle attitudini specifiche desunte dalle valutazioni di professionalità periodiche.”; art. 13, comma 6: “6. Le limitazioni di cui al comma 3 non operano per il conferimento delle funzioni di legittimità di cui all’articolo 10, commi 15 e 16, nonché, limitatamente a quelle relative alla sede di destinazione, anche per le funzioni di legittimità di cui ai commi 6 e 14 dello stesso articolo 10, che comportino il mutamento da giudicante a requirente e viceversa.”; il Decreto-Legge 29 dicembre 2009 n. 193, convertito con modificazioni nella legge 22 febbraio 2010, n. 24 (Interventi urgenti in materia di funzionalità del sistema giudiziario), nel testo risultante dalle modificazioni e integrazioni ad essa successivamente apportate, limitatamente alla seguente parte: art. 3, comma 1, limitatamente alle parole: “Il trasferimento d’ufficio dei magistrati di cui al primo periodo del presente comma può essere disposto anche in deroga al divieto di passaggio da funzioni giudicanti a funzioni requirenti e viceversa, previsto dall’articolo 13, commi 3 e 4, del Decreto Legislativo 5 aprile 2006, n. 160.”?”.
Il quesito numero 3 riguarda la separazione delle carriere dei magistrati. Il nostro sistema giudiziario attuale si basa su una separazione dei ruoli dei magistrati: c’è il pubblico ministero che accusa e il giudice super partes che sentenzia chi ha ragione fra accusa e difesa. Al momento ci sono magistrati che, dopo aver svolto per un certo tempo la funzione di accusa, passano al ruolo giudicante: questo passaggio avviene talvolta in tempi molto brevi. L’abrogazione delle norme citate nel quesito metterebbe in condizione tutti i magistrati di scegliere solo uno dei due ruoli e mantenerlo per tutta la durata della carriera.
Referendum n. 4 – Scheda di colore grigio
Il quesito recita: “Volete voi che sia abrogato il Decreto Legislativo 27 gennaio 2006, n. 25 (Istituzione del Consiglio direttivo della Corte di cassazione e nuova disciplina dei Consigli giudiziari, a norma dell’articolo 1, comma 1, lettera c) della legge 25 luglio 2005 n. 150), risultante dalle modificazioni e integrazioni successivamente apportate, limitatamente alle seguenti parti: art. 8, comma 1, limitatamente alle parole “esclusivamente” e “relative all’esercizio delle competenze di cui all’articolo 7, comma 1, lettere a)”; art. 16, comma 1, limitatamente alle parole: “esclusivamente” e “relative all’esercizio delle competenze di cui all’articolo 15, comma 1, lettere a), d) ed e)”?”.
Il quesito punta ad abrogare le norme sulle competenze dei membri laici nei Consigli giudiziari. Questi sono degli organi ausiliari territoriali chiamati a valutare la professionalità dei magistrati, per poi trasmettere le proprie conclusioni al Consiglio Superiore della Magistratura. I Consigli sono composti da magistrati e membri laici (avvocati e professori universitari), ma oggi solo i magistrati hanno facoltà di valutare l’operato dei colleghi. L’abrogazione delle norme oggetto del quesito farebbe dunque sì che anche avvocati e professori universitari abbiamo facoltà di valutare l’operato dei magistrati.
Referendum n. 5 – Scheda di colore verde
Il quesito recita: “Volete voi che sia abrogata la Legge 24 marzo 1958, n. 195 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento del Consiglio superiore della Magistratura), nel testo risultante dalle modificazioni e integrazioni ad esso successivamente apportate, limitatamente alla seguente parte: articolo 25, comma 3, limitatamente alle parole “unitamente ad una lista di magistrati presentatori non inferiore a venticinque e non superiore a cinquanta. I magistrati presentatori non possono presentare più di una candidatura in ciascuno dei collegi di cui al comma 2 dell’articolo 23, né possono candidarsi a loro volta?”.
Il quesito punta a modificare le modalità con cui si eleggono i membri togati del Consiglio Superiore della Magistratura, l’organo di rilievo costituzionale attraverso il quale la magistratura (civile e penale) si autogoverna e che ne garantisce l’autonomia e l’indipendenza. È composto da membri di diritto e membri elettivi. I membri di diritto sono, oltre al Presidente della Repubblica (che lo presiede), il primo presidente della Corte di Cassazione e il Procuratore generale della Corte Costituzionale. I membri elettivi sono per due terzi eletti da tutti i magistrati (i membri togati) di ogni ordine e grado e per un terzo dal Parlamento riunito in seduta comune, a maggioranza qualificata (almeno i due terzi dei votanti). Oggi un magistrato che voglia essere eletto al CSM deve raccogliere dalle 25mila alle 50mila firme a proprio sostegno, deve essere cioè sostenuto da una corrente, e sono proprio le correnti (che i promotori definiscono i “partiti dei magistrati”) ciò che i promotori del referendum vogliono depotenziare, abrogando quindi la raccolta delle firme.
Io voterò cinque Sì e spero che anche chi non la pensi come me vada comunque a votare, compresi quelli che per anni ci hanno ripetuto quanto fosse importante la democrazia diretta.